Al Bano, perché indossa sempre il cappello: il motivo imbarazzante
Vi siete mai chiesti come mai il famoso cantante indossa sempre il cappello? Un segno distintivo della sua immagine, un vezzo o c’è qualcosa dietro?
Nel mondo dello spettacolo e della musica in generale molti personaggi prima dell’ingresso in scena, che sia su un palco o in uno studio televisivo, fanno delle lunghe preparazioni; alcuni indossano costumi che ne diventano un tratto distintivo, altri amano vestire sempre con uno stesso indumento o accessorio che diventa così un marchio di fabbrica.
E infatti se ci pensate bene, quante volte avete visto Al Bano senza il suo cappello? Un accessorio che ormai fa parte di lui e della sua immagine, talmente personale che qualche anno fa un suo panama bianco è stato venduto all’asta per ben 200 euro, ovviamente per una buona causa.
Al Bano, il cappello e la beneficenza
Il cappello di Al Bano è stato donato da lui stesso per la History Life Onlus, le cui attività riguardano “la tutela, la promozione e la valorizzazione della cultura e dell’arte in tutte le sue forme ed espressioni”; come si legge sul sito Charitystars si è trattato di “un panama bianco indossato e personalizzato con il nome di Al Bano, il quale lo ha autografato rendendolo assolutamente unico”.
Qualche anno fa il cantante di Cellino ha partecipato come ospite ad un programma condotto da Simona Ventura, ovvero Settimana Ventura dove ha incontrato tra gli altri partecipanti i ragazzi di alcune edizioni del reality Il Collegio: Vincenzo Crispino, Alex Djordjevic, Cora e Marilù Fazzini. Ed è stato proprio uno dei ragazzi, Vincenzo Crispino, a porre la domanda ad Al Bano sul suo cappello.
L’uomo inizia il suo racconto ironizzando sul fatto che deve coprire e nascondere la perdita di capelli dovuta all’età, ma poi si fa serio, e spiega che il motivo riguarda la sua famiglia.
Il vero motivo
Al Bano racconta che anche suo padre portava sempre il cappello, è quasi un marchio di fabbrica della famiglia Carrisi; e ricorda i suoi esordi quando giovanissimo va a cercare fortuna lontano dalla sua terra: “Arrivare a Milano a quell’età e senza alcun sostegno non fu facile, ma non mi sono mai lasciato prendere dallo sconforto nei quattro anni in cui tirai avanti facendo tanti lavori e cominciando comunque a pensare e a scrivere canzoni ispirandomi ai canti tradizionali delle campagne pugliesi”.
Poi esprime il suo rammarico poiché gli pare che nulla sia cambiato: “Facevo il cameriere mi chiamavano terùn, ma non ho mai perso tempo con chi pensava di offendermi. […]. Ho un solo rimorso, quando ho portato su a Milano i miei. Papà soffriva, in ascensore non lo salutavano”.