Il cantautore Gino Paoli è giunto alla scelta estrema: il drammatico racconto gela i fan dello storico interprete di Monfalcone.
Il friulano Gino Paoli rappresenta una pietra miliare nella musica leggera italiana, ed ha sfornato molte hit evergreen, come “Sapore di mare”, “Senza fine”, “Il cielo in una stanza” e “4 amici”.
Dopo aver assorbito dalla madre l’amore per la musica, ha militato nella cosiddetta “scuola genovese“, che annoverava talenti del calibro di Fabrizio De Andrè, Bruno Lauzi, Luigi Tenco e Umberto Bindi, esordendo poi nel 1959 con il suo primo 45 giri per Dischi Ricordi.
La sua prolifica carriera è stata costellata da numerosi successi, ed altrettante débacle amorose: una su tutte, la travagliata relazione nel 1963 con la sensuale attrice Stefania Sandrelli, all’epoca minorenne, che gli ha regalato la figlia Amanda nell’anno successivo. Gino Paoli, però, era ancora sposato con Anna Fabbri, e avrebbe tenuto in parallelo le due relazioni, con esiti deleteri per entrambe.
Secondo numerosi rumors, il costante tira e molla emotivo avrebbe spinto il cantautore al limite, inducendolo a commettere il gesto estremo: Gino Paoli, in effetti, ha tentato il suicidio l’11 luglio del 1963, e solo l’intervento tempestivo dell’equipe medica ha evitato l’evenienza peggiore.
Il cantautore ha in seguito precisato che, dietro al suo gesto, vi era solamente una martellante sensazione di noia.
“Ogni suicidio è diverso, e privato“, ha riferito. “È l’unico modo per scegliere, perché le cose cruciali della vita, l’amore e la morte, non si scelgono. Tu non scegli di nascere, né di amare, né di morire. Il suicidio è l’unico, arrogante modo dato all’uomo per decidere di sé. Ma io sono la dimostrazione che, nemmeno così, si riesce a scegliere davvero. Il proiettile bucò il cuore e si conficcò nel pericardio, dov’è tutt’ora incapsulato. Ero in casa da solo. Anna, allora mia moglie, era partita, ma aveva lasciato le chiavi ad un amico, che poco dopo è entrato per vedere come stavo…“.
Il cantautore ha sottolineato nuovamente durante un’intervista a “L’Espresso”: “Non mi sparai perché ero travolto dai problemi. Anzi, ero all’apice della fama, e avevo tutto. Lo feci per noia. E per sfida.”.
La vita, però, gli ha riservato un insperato biglietto di ritorno: “La pallottola si conficcò nel pericardio, ed è ancora là. Fu un segno. Non era la mia ora. Dopo, ho capito che è stato meglio così“.