Mobbing sul lavoro? Ecco come difendersi | Le ultime sentenze
Le vittime di mobbing sul lavoro hanno alcune possibilità di riscattarsi legalmente: ecco le ultime novità dalle aule di Tribunale.
Da qualche anno il termine “mobbing” ha guadagnato ampia notorietà presso l’opinione pubblica, e introdotto un’ulteriore tutela a beneficio dei dipendenti pubblici e privati.
Tale termine indica infatti gli atteggiamenti sprezzanti, svilenti e discriminatori messi in atto dal datore di lavoro (ma anche da parte di superiori e colleghi) ai danni di un singolo lavoratore.
Il mobbing si configura in sostanza come una serie ripetuta di condotte illecite in azienda – quali maltrattamenti, lesioni della dignità ed umiliazioni – volte a minare la crescita professionale del dipendente, a demoralizzarlo e ad indurlo ad abbandonare il proprio posto di lavoro.
Per configurare tale reato, però, occorre essere in possesso di prove incontrovertibili, e la durata dei comportamenti lesivi non deve risultare transitoria, oppure occasionale, ma estesa nel tempo e ricorrente. Ecco altri indicatori per individuare i potenziali casi di mobbing.
Mobbing: ecco gli estremi per procedere legalmente
Si parla di mobbing qualora il lavoratore sia sottoposto allo scherno e a dinamiche abusanti ed umilianti da parte del datore di lavoro e dei colleghi. Il titolare dell’azienda deve infatti garantire il benessere psico-fisico ai propri dipendenti, anche nelle interazioni con il resto dell’entourage.
Il mobbing può configurarsi anche nel caso di demansionamenti improvvisi, ovvero quando il titolare costringe il dipendente ad effettuare incarichi di livello inferiore rispetto a quelli per cui era stato assunto. Il dislivello deve risultare però ampio (da manager ad addetto alla fotocopiatrice, per esempio), e tale atteggiamento deve risultare abituale e intenzionalmente posto in essere. La Cassazione ha recentemente definito le linee guida per definire i potenziali casi di mobbing: i comportamenti ostili devono essere reiterati e ripetitivi, per un periodo di circa 6 mesi. Occorre inoltre fornire prova delle lesioni alla salute e alla dignità del dipendente (casi di depressione, crisi di panico, disturbi di adattamento), e dimostrare il nesso causa-effetto tra le condotte del titolare/colleghi e le conseguenze psico-fisiche sul dipendente. Infine, bisogna anche provare l’intento persecutorio, dimostrando così la volontà di nuocere, svilire o infastidire ripetutamente la parte lesa.
Mobbing, una materia assai scivolosa
Il mobbing rappresenta una materia giuridica in continua evoluzione, in quanto il suo ingresso nelle aule risulta particolarmente recente.
In uno specifico caso di denuncia per presunte condotte di mobbing effettuate dal portiere di un condominio, ad esempio, nel 2018 la Corte di Cassazione ha bocciato le richieste di risarcimento della parte lesa. In tale occasione, infatti, quest’ultima non sarebbe riuscita a dimostrare con sufficiente dovizia di particolari la natura delle vessazioni, in quando provenienti dalla pluralità degli abitanti del condominio.