Attenzione a questo dettaglio del tuo cellulare: gli hacker potrebbero rubarti tutto
Allarme rosso: emerge un nuovo rischio legato all’utilizzo degli smartphone, gli hacker possono penetrare nel dispositivo in poche mosse.
Gli smartphone hanno gradualmente implementato le loro funzionalità grazie al progresso tecnologico, fino a soppiantare quasi le storiche funzioni base in favore di nuovi programmi che li rendono assai simili a tablet e personal computer.
Seppure in scala minore, infatti, questi dispositivi permettono una navigazione velocissima e agevole, e possono ospitare una varietà ragguardevole di social network e di applicazioni personalizzate e dedicate agli interessi dell’utente stesso.
Gli smartphone consentono inoltre l’accesso ai propri account di home-banking, alla posta elettronica e persino ai servizi sanitari, e rappresentano quindi una sorta di banca dati delle informazioni più sensibili dei rispettivi fruitori.
I malintenzionati e gli hacker lo sanno benissimo, e sfruttano spesso nuove tattiche di phishing, inviando inoltre virus aggressivi che possono aprire delle falle nei sistemi di sicurezza dello smartphone. Negli ultimi giorni, inoltre, un team di ricerca del MIT ha pubblicato uno studio che lancia un’ulteriore allerta: scopriamo di che si tratta nel prossimo paragrafo.
Smartphone sotto attacco: la ricerca statunitense mette in guardia i proprietari
Alcuni ricercatori del Massachusetts Institute of Technology di Boston hanno pubblicato un’illuminante (quanto preoccupante) ricerca sul magazine specializzato “Science Advanced”, in cui evidenziavano una particolare vulnerabilità negli smartphone di nuova generazione.
Il team ha infatti eseguito una serie di esperimenti per verificare il grado di sicurezza di questi dispositivi, e scoperto che i sensori di luce possono rivelare agli hacker informazioni utili per accedere al sistema senza bisogno di PIN e codici numerici. I sensori ambientali servono solitamente a rilevare le condizioni di illuminazione dell’ambiente in cui si trova l’utilizzatore, e regolano di conseguenza la luminosità dello schermo. I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo in grado di captare le variazioni di luce registrate dai sensori e di ricostruire il percorso delle dita sullo schermo, specialmente durante l’immissione del codice di blocco/sblocco. Il software, purtroppo, è riuscito a ricostruire l’intera sequenza.
Sensori ambientali e attacchi hacker: c’è da preoccuparsi?
Fortunatamente, il team del MIT ha tratto anche un’ulteriore conclusione. L’algoritmo utilizzato per ricostruire il codice di sblocco degli smartphone impiega circa 3 minuti e 18 secondi prima di completare il compito, e tale lasso di tempo rende l’interazione incompatibile con la velocità di composizione richiesta dallo smartphone.
Non si esclude, però, che in futuro i malintenzionati sviluppino escamotage sempre più ingegnosi e avanzati per penetrare nei dispositivi mobili, carpendo così i dati sensibili dei loro proprietari.